Che cosa ho da dire di “un’arte politica”?
(Alcuni commenti per Bernard Teyssedre e gli amici di GAP)
Ha l’odore di un titolo anacronistico, come gli elenchi di lettere che appaiono dopo i nomi su lapidi di persone illustri, esprimendo affiliazioni che non ci si aspettava mai ... “Arte Politica” è un’etichetta presuntuosa della storia d’arte, un termine di stile, in maniera che, data “l’arte” e data “la politica”, puoi facilmente generare una Sinistra-Centro–Destra fissa, ombreggiarla con distinzioni sottili, puoi decorarla con interpretazioni di varie opere d’arte, intenzionalità d’artisti (assunta a significato di onore.) Il grado di arbitrare diventa schiacciante, benché ... la sua arroganza diventa avvilente ... e c’è la fallanza (l’errore) naturalistica, la presunzione di dare un resoconto di ciò che è il caso. Notoriamente (per me) la mia “Arte, Politica, Ideologia” mi catapulta in tutti questi errori.
Nominalmente, tutte le maniere di “arte politica” sono disponibili ... Dappertutto le ideologie richiedono assistenza, pagano generosamente ... non voglio dire solamente Realismo Socialista e tinta blu, astrazione che conferma la borghesia; diverse pubbliche relazioni per non-libertà quantitevolmente simili. Che c’è da scegliere fra un’ideologia dove tutti i rapporti fra persone sono una questione di fattori burocratici e uno che si basa totalmente sullo scambio contrattuale? Ingoiare “la libertà” (uniformità) regalata, condizionata o assicurare “la libertà” (privilegio) accumulando proprietà e professione ... è una scelta, questa? Non stabilisce neanche alcune condizioni per una differenza...
Un’altra superficie (e forse più pericolosa): il lato sciocco è lo slogan “Tutta l’arte è politica veramente, non è vero?” ... l’altro lato è la fantasia riguardante “l’artista” come il lavoratore non alienato, creativo per eccellenza ... come se alcuni di noi fossero in uno stato (di essere) sociale dove determinassimo continuamente e veramente le condizioni della nostra produzione. Anarchici, Marxisti, liberali, capitalisti, tutti vedono “l’artista” come modello del futuro “uomo libero” ... ma l’autonomia significa il contrario: la specializzazione, sempre più raffinata, sempre più riferito a sé.
Ma tutto quello che hai mai è l’apparenza di privilegio ... le ore (solitarie) quando la possibilità di perdere controllo su di te nel ruolo di “artista” può minacciare improvvisamente. Poi vuoi combattere, ma non sai come. C’è una base per proiezioni utopistiche in questa “homeostasis”?
... vedi, una “arte politica” non può presumere una politica ... non lo può fare nessuno.
E (il mito è più dannoso) non puoi ricercare “la politica” come ‘soggetto’, ‘aspirazione’, ‘interesse’ (o qualunque [cosa] sia) ed aspettare che ‘l’arte’ (la problematica mortale dell’arte affatto) si arrangi da sola. Cfr. “Arte antropologica”, “Arte Sociologica”, ed altra vaudeville simile.
Così, non abbiamo una possibile “arte politica”, e non abbiamo la prospettiva di una tale possibilità. Qualche volta scivoliamo (sbagliamo) e per un momento, viviamo diversamente (forse autenticamente, cioè sapendo che non sappiamo).